venerdì 13 dicembre 2013

A Santa Lucia si mancia la cuccia...

"Và susitivi ch'è tardu, v' addumativi a cuccia, e s' un minni rati a mia, a pignàta vi scattìa"

Certo, ai più può essere difficile la traduzione. Ma - mi auguro - per tanti altri sarà bello ricordare una tradizione di quand'eravamo piccoli. 

A me ricorda la mia nonna materna, Nonna Dina, che già in passato ha ispirato qualche altro mio post.

Tutta la sua vita per me è stata memoria storica di una Trapani ormai visibile solo nelle cartoline ingiallite e rovinate dal tempo e - si direbbe - dall'incuria di noi picciotti ru annu che non sappiamo e non abbiamo saputo tenere alle nostre origini.

La mattina di Santa Lucia c'era una colazione diversa. Sarò sincero: non l'amavo particolarmente. Il sapore rustico del frumento cotto riusciva a piacermi solo con tanto zucchero e poco vino cotto. La cuccìa, insomma, era sì tradizione, ma in effetti non così accattivante da sostituire il mio latte e caffè quotidiano che mi serviva per un'altra giornata nel mio Liceo.

Oggi, a distanza di qualche anno ormai e lontano da Trapani, la tradizione si è perpetuata e a casa i miei figli hanno mangiato cuccia e arancine, stasera mangeremo riso al forno e nessuno di noi mangerà pane come segno di devozione alla Santa.

Vecchie tradizioni, si dirà. Chi se ne importa oggi di tutto ciò?

Io continuo nella mia opera: ricordare, ricordare, ricordare. Per non perdere ciò che siamo stati e per costruire ciò che saranno i nostri figli. Il futuro non può essere patinato e sfuggente. 

Riappropriamoci del passato per costruire il futuro!











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